Andrea Conti: "Aspetto una chiamata, ma mi pongo un limite"
Nella storia umana e calcistica di Andrea Conti, alcune parole pesano più di altre.
"Sofferenza", sì. Ma anche "serenità", "onestà". E soprattutto "speranza". La speranza nel futuro, qualunque sarà.
“Sto abbastanza bene, purtroppo sono a casa. Mi alleno tutti i giorni e sono in attesa di sviluppi. Nel frattempo mi godo la famiglia, ma comunque sono sereno, non la sto vivendo male nonostante sia ancora senza squadra”, racconta l'ex Atalanta e Milan a gianlucadimarzio.com.
La nostra intervista ad Andrea Conti, ex Milan e Atalanta oggi svincolato
Oggi Conti è svincolato, dopo la fine dell'esperienza a Genova, sponda Samp. “Ne è valsa la pena, di tutto; non rimpiango niente di ciò che ho fatto in carriera. C’è certamente un po’ di rammarico per i tanti problemi che ho avuto, però nella sfortuna mi posso ritenere fortunato per quello che sono riuscito a ottenere”.
Gli occhi di Andrea si illuminano quando parla di ciò che è stato, di ciò che sarebbe potuto essere, e di ciò che sarà: “I rimpianti sono certamente rappresentati dai miei problemi fisici; per quanto riguarda i sogni vorrei togliermi ancora qualche sfizio a livello sportivo, anche se so che non sarà facile”.
"Gasperini allenatore fenomenale"
Dal 2015 al 2017 Conti vive, poco più che ventenne, il periodo migliore della sua carriera. La squadra è l'Atalanta. L'allenatore, non c'è bisogno di dirlo, Gian Piero Gasperini: “Fenomenale. Sicuramente il migliore che abbia avuto. Riesce a tirare fuori qualcosa che con altri allenatori non si crede di avere. Forse venendo dal settore giovanile è più abituato a lavorare con i giovani. I risultati parlano per lui, ogni anno gli vendono dei giocatori importanti ma riesce a ottenere sempre grandi risultati. La sua formula è: tanto lavoro e credere in quello che si fa”.
Poi, nel 2017, il passaggio al Milan. Il grande salto arriva nell'estate delle "cose formali", quella di Fassone, Mirabelli e di un mercato pieno di acquisti: “Quell’estate non è stata semplice per me. Mi cercava il Milan e io volevo andare perché mi sentivo pronto, e quando ti chiama una società come quella – nonostante venisse da anni non semplici - è difficile per un ragazzo giovane dire di no. È stato un anno in cui il Milan ha cambiato tanto, era anche il primo della proprietà nuova, non saprei dire cosa non abbia funzionato perché sono successe tante cose; magari il fatto di aver cambiato tanto non ha aiutato, poi ci sono state pressioni in più rispetto al solito, legate alle grosse spese sul mercato, che non siamo riusciti a reggere”.
Andrea non lo sapeva, ma la parte peggiore doveva ancora arrivare. Dall'entusiasmo alla sofferenza, dalla luce al buio: "Mi sono fatto male subito, a settembre. Sono comunque riuscito a giocare le prime partite guadagnando la nazionale ed esordendo, poi mi sono infortunato e da lì è stato un calvario. Nonostante mi fossi ripreso un po’ nel 2020 - con Pioli giocavo regolarmente - ci sono state dinamiche che mi hanno portato ad andare via. Comunque è stato un onore indossare la maglia rossonera. Giocando a San Siro ho realizzato un sogno”.
Il "calvario", come lo chiama Andrea, era solo iniziato. Prima la diagnosi che nessun calciatore vorrebbe mai sentire: lesione del legamento crociato. Poi la ripresa, il ritorno in campo; le ricadute, altri problemi. Un tunnel che sembrava non avere fine. “Mi ricordo quando mi hanno comunicato l’entità delll'infortunio: mi è crollato il mondo addosso. Ero giovane e nel punto più alto della carriera, si parlava tanto di me e avevo guadagnato la nazionale. Poi dipende tutto da come si riesce a uscirne; per me è stato comunque un calvario perché ho avuto continui problemi e ho dovuto operarmi quattro volte al ginocchio. Non è stato semplice anche perché ho dovuto mettere in dubbio il mio futuro a livello calcistico, non è semplice vivere con questi pensieri”.
Tutto parte da lì, da quel maledetto crociato. Un infortunio che oggi colpisce sempre più calciatori di alto livello. “Come consiglio posso dire loro di affidarsi alle persone giuste e di circondarsi dell’amore dei propri familiari, perché quella è la cosa più importante nei momenti difficili. Nel mio caso è stata una conseguenza di cose, dopo la prima volta l’intervento non è andato bene e la riabilitazione non è stata semplice; ma ne ero uscito anche abbastanza bene, infatti nel 2020 mi sentivo bene. Poi mi sono rotto il menisco, e da lì è stato sempre un inseguirsi di problemi perché dovevo sempre intervenire sullo stesso ginocchio. È chiaro che dopo tutti questi problemi non si può tornare agli stessi livelli di prima”.
"Pronto a una nuova avventura, ma mi pongo un limite temporale"
Oggi però le delusioni e i rimpianti sono un ricordo. Una ferita aperta, sì, ma Andrea si sente pronto a voltare pagina: “Vorrei una nuova avventura, anche se so che non è semplice perché è tanto tempo che non gioco. Non ho avuto possibilità, non sono stato cercato questa estate né ultimamente, ma la vivo bene. Non ho l’ansia dovuta all’essere senza squadra, perché sono consapevole del mio passato e di quanto possa essere difficile per una società cercare di ingaggiarmi. Resto in attesa di una chiamata ma deve essere quella giusta, con tutti i problemi che ho avuto non me la sentirei di andare in una realtà in cui non c’è chiarezza o in cui non mi sento benvoluto al 100%. Attendo la chiamata giusta, ma non per sempre: mi do un limite, che penso sia il mercato di gennaio. Se non avrò offerte poi prenderò le mie decisioni, perché comunque è difficile star fermo tanto”.
In un momento storico in cui la Serie A offre diversi esterni di alto livello, Conti compone il suo puzzle ideale: “Per la velocita scelgo Bellanova; per le capacità difensive e la mentalità, Di Lorenzo; per la resistenza Theo Hernandez; per tecnica e cross prendo Dimarco".
Dopo i trent'anni, è fisiologico immaginare il "dopo". La vita senza scarpini e tacchetti. “Non so ancora con certezza ciò che farò", ammette Conti. "Difficile al momento immaginarmi allenatore o direttore, ma può anche capitare che tra un po’ di tempo cambi idea”.
Ma cosa direbbe l'Andrea di oggi a quel ventunenne che approcciava il grande calcio, passando dal Lanciano all'Atalanta? “Di godersi appieno ogni istante di carriera, di lavorare sempre al massimo per cercare di migliorare sempre di più e ottenere le massime soddisfazioni che riesce”.
Oggi Andrea è un uomo. "Ho realizzato i miei sogni, nonostante tutto". Ma il cassetto resta pieno: c'è ancora un barlume, uno spiraglio che illumina gli occhi di speranza.
A cura di Andrea Monforte e Alessandro Mammana
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