Madrid, sei anni dopo. Dal Calderon a CR7, niente resta per sempre
“Quanto è passato? Sei anni? Davvero?”. L’erasmus a Madrid sembra ieri. Jorge, l’ex coinquilino di mille party, si scandalizza solo al pensiero ma il tempo scivola via rapido e lascia tracce qua e là. Anche belle grosse a quanto pare. In camera da letto c’è Charlotte, la stessa fidanzata di allora ma con un bebè in più tra le braccia: ha due settimane e si chiama Jorge esattamente come il papà, così ha voluto la tradizione della casa. Più ‘cose serie’, più lavoro, meno sciocchezze universitarie. Le soddisfazioni, oggi, sono proporzionate alle responsabilità della vita. Non cambia il programma su cui è perennemente sintonizzata la tv in soggiorno: fútbol h24. Anche italiano, quando capita, perché la passione resta ed è quella.
“L’Atletico?”. Gioca bene, crea, ma ultimamente tra Champions e campionato pareggia e basta. Sfortuna? Scaramanzia? Calma, siamo all’inizio; la garanzia di un club che ha ancora la stessa struttura da sei anni a questa parte - da allenatore a staff a ds - è un fattore positivo da considerare. In così tanto tempo i colchoneros hanno cambiato molto (soprattutto lo stadio! Ah, del Calderon è rimasta solo la tribuna principale sotto cui passa la M-30) ma non tutto, hanno rivoluzionato la rosa soprattutto nell’ultimo mercato estivo comprando ben 9 giocatori nuovi, 147 milioni di euro netti investiti negli ultimi due anni (81+66). Bravo bravissimo Renan Lodi, potenzialmente il prossimo terzino sinistro titolare della Nazionale brasiliana, talento vero il giovanissimo (dategli tempo e fiorirà come una rosa rossa) Joao Felix, non a caso l’acquisto più costoso nella storia del club con ben 126 milioni di euro.
Sulla linea 7 della metro che porta al Wanda Metropolitano, stracolma da perderci il fiato a ogni partita casalinga dei ragazzi di Simeone, c’è ancora chi la 7 di Griezmann, oggi al Barça per 100 milioni, non l’ha buttata anzi la indossa senza problemi. “Da igual!”, risponde il tifoso incriminato, che giustamente bada al collettivo e non al singolo. “Vince la squadra, vince sempre e solo la squadra!”. Pareri discordanti dalle parti del Bernabeu dove è ancora tanta, troppa, la nostalgia di Cristiano Ronaldo e dei suoi gol che mancano come l’aria a quanto pare. Chiunque, in zona Chamartin, tornerebbe volentieri a due anni fa, nonostante la vecchia gallina Benzema faccia ancora dell’ottimo brodo. Ma se invece si ritornasse al passato in panchina?
Mourinho è ancora libero, sulla piazza, e il ZZ-bis continua a non convincere a pieno. I tifosi blancos, che prima si divertivano a canticchiare la canzone della décima con Carletto Ancelotti in sottofondo, adesso nell’era di Amazon e Netflix si consolano con la nuova serie dedicata interamente a Sergio Ramos: se passate dalle parti della linea 10 della metro è praticamente impossibile non sbattere il naso contro le gigantografie pubblicitarie del capitano blanco, una bandiera costantemente presente. Ma in campo si scende in 11 e sei anni dopo, Modric e compagnia non sono esattamente gli stessi giocatori della finale di Lisbona, non possono esserlo, perché niente resta uguale nel tempo, nemmeno nel calcio.