L'Australia di Diamanti: "Famiglia, cielo blu e canguri". La storia

A 36 anni, Alessandro Diamanti, ha deciso di nascondere il dread e tenere un’acconciatura più ordinata. “Io non c’ho mica il parrucchiere”, aggiunge lui, con accento aspirato, inconfondibilmente toscano. Al minuto 1 dell’intervista è già un fiume in piena, non lo marchi neanche se vuoi. “I calciatori di adesso sono come la mi nonna prima di andare a messa, ovvero con il capello tutto fatto per benino. Io avevo i rasta”. Vecchi tempi. O forse bei tempi? Tutt’altro. Il tono di voce è raggiante, lo skyline davanti ai suoi occhi è qualcosa di meraviglioso. “Il cielo di Melbourne è un sogno. Abitiamo a un chilometro dal centro in un grattacielo spaziale, con vista tramonto. Cosa posso chiedere più di così?”. I canguri. Certo, siamo in Australia. “Ne ho visto uno al campo mentre mi allenavo!”. Diamanti, entusiasta, mima il suono. “Beng, beng, beng!”. Poi racconta. “E’ stata una bellissima eccezione perché generalmente i canguri non ‘rimbalzano’ a ridosso della città. Saltellano in campagna”.

Il nuovo capitolo si chiama Western United. Qui le prime foto dopo l'annuncio. “Siamo quarti in classifica e giochiamo bene, a detta di tutti". 'Alino' è già l’idolo, stimatissimo da chiunque: sono bastati tre mesi e sette partite ufficiali. Anche dieci ore di fuso orario. “In avanti!”. Non è un problema per la famiglia Diamanti che adora viaggiare e sa adattarsi a qualsiasi cambio di programma. Figli compresi. “Hanno vissuto due anni e mezzo a Londra poi un po’ in giro per l’Italia poi Cina e Australia. Per loro è un gioco. Parlano tre lingue, prendono aerei, treni, macchine come se nulla fosse. I problemi ce li abbiamo noi grandi!”, scherza Alessandro, un papà che fa l’amico, leggermente ‘bacchettone’, e non sopporta né l’arroganza - "mi raccomando, sempre fly down come dicono qui" - né la maleducazione. “Tanti genitori non capiscono come viaggiare, cambiare, provare, sia il regalo più grande che si possa fare ai propri figli”. L’aneddoto è curioso. Anzi, in realtà sono due. “In tutte le città che andiamo troviamo compagni di scuola dei miei figli!”. Globalizzazione. L’altro? “Il maschietto, 9 anni, gioca a calcio nella Juventus Melbourne School Academy ed è seguito da allenatori… bolognesi”. Aria di casa. Ma quanto manca l’Italia ad Alessandro Diamanti? “Poco! In estate avevo ricevuto delle offerte dalla Serie A ma vuoi davvero paragonarle a un’esperienza simile?”. Un Diamanti in Australia sembra quasi un ossimoro: l’estro fatto a persona, che calcia da 50 metri ed è ricoperto di tatuaggi - 'tutti importanti' - nella terra dell’organizzazione metodica, ai limiti del militare. “Gli piaccio”. Ne sono attratti. Già lo amano. “Quando smetterai di fare il calciatore? E’ ancora valida l'intenzione di aprire un’enoteca?”. Lui replica subito: “No! Ho qualche altra idea più originale ma non la rivelo, me la tengo per me altrimenti sono fregato”. Schietto. Attento, anche dall’altra parte del mondo. “Seguo la Serie A, la B e mi leggo i risultati di C. Conosco a memoria il girone del Prato”, uno dei suoi primi amori. Tra gli allenatori? “Dico Bisoli! Quello che mi ha strigliato più di tutti in assoluto! Ma è stato fondamentale per la mia carriera”. Un percorso ancora in downloading. “Quando arrivo al 100% taglio il dread”. Serio? “Scherzo…”. 

L’AUSTRALIA
“Qui si vive benissimo, è tutto stupendo. Il clima, il cielo blu, gli spazi enormi. Ti senti ospite della natura. Poi non è un posto sperduto e nemmeno così lontano come sembra: a livello di ore di aereo è un po’ come andare a Miami. Dal punto di vista calcistico sono disciplinati all’ennesima potenza, organizzati e professionali. Curano i dettagli. Tecnicamente il campionato australiano è in crescita e comunque i giocatori sono tutti preparati”. Alino di un livello nettamente superiore? Lui ci scherza, ma neanche troppo. “Per gioco e mentalità la situazione è esattamente come in Serie A quando ero un passo in avanti rispetto agli altri. Cambia poco, basta che io stia bene fisicamente”. 

TORNARE AL LIVORNO
Se il presidente Spinelli mi volesse riportare al Livorno? Non tornerei. Amo Livorno, la città e i suoi tifosi ma determinate scelte sono state già prese mesi fa. Sono una persona seria e voglio rispettare il mio attuale contratto. Qui sto benissimo, mi sto godendo al massimo questa esperienza. Nessuno cancellerà la stima e l’affetto che provo per Livorno ma non torno”. 

NO A JUVENTUS E MILAN
“Conte mi voleva alla Juventus. Un giorno mi ha chiamato e ci siamo fatti una bella chiacchierata. Era il periodo in cui facevo parte del giro della Nazionale e avevo tanti compagni di squadra che giocavano nella Juventus. Fisicamente stavo bene, ma alla fine ho preferito restare al Bologna. E’ stata una scelta”. Come dire no al Milan. “Sì, Allegri mi ha cercato. Ma sai, io non ho mai forzato la mano per andare in una squadra piuttosto che in un’altra. Non ho mai messo alle strette il mio club di appartenenza, nemmeno quando sono andato in Cina”. 

CON ZOLA (ALLENATORE) AL WEST HAM
“Se ho mai fatto una gara di punizioni con Zola? Certo! L’ho anche vinta! Ma solo perché io avevo un po’ più di forza nelle gambe rispetto a lui. Che fenomeno, il mister. Una leggenda vivente, persona eccezionale. Spesso gli dicevo ‘perché non giochi anche tu domenica?’. Aveva una classe innata che non si può spiegare”. 

GILA-GOL
“L’attaccante che mi ha dato più soddisfazioni in tutta la mia carriera è sicuramente il Gila. Alberto Gilardino. Tu gliela davi, giusta, e lui la buttava dentro. Mi ha sempre gratificato tantissimo”. Gli assist che regalava Alino poi… . “Regalava? Che regalo ancora!”. 

IL RIMPIANTO
“Ho solo un… regret”. Rimpianto. “Aver lasciato il West Ham! E’ stato un errore. Pensa che i primi mesi non riuscivo a rendere come volevo, come sapevo, nonostante arrivassi da un campionato, in Italia, dove giocavo ad altissimi livelli. Mi dicevo ‘ma come c..o è possibile, sto benissimo, che problemi ci sono, cos’è che non va’. Poi è scoccata la scintilla”. Alino, idolo Hammers. “Il massimo, per me, sarebbe stato andare in Nazionale da giocatore del West Ham. Ma alla fine ho dovuto scegliere tra le due”. 

BOLOGNA E l’ITALIA
“Non torno in Italia da quando sono partito: 15 luglio. Sto facendo tutta una tirata, dalla preparazione pre campionato, durata due mesi e mezzo, alle partite ufficiali. Se ho un volo prenotato per Natale? Ma sei matto! Qui ci sono 30 gradi, si sta da dio. Perché dovrei tornare? Dopo essermi goduto l’estate in Italia voglio farlo in Australia”. Se dovessimo prendere la mappa del nostro paese, che città indicherebbe Diamanti? “Bologna è casa mia. E’ dove vivo in Italia. Una città spettacolare che consiglio a tutti”. 

LA CINA
“Se dovessi raccontarti tutte le stranezze che ho visto in Cina quando sono andato a giocare lì mi servirebbero otto interviste! Te ne dico una. Un giorno sono stato, insieme alla mia famiglia, a vedere uno zoo solo di coccodrilli, pieno di coccodrilli, anche piccoli piccoli, che venivano trattati come dei bambini appena nati. Accanto a questo zoo c’era un ristorante di hamburger di coccodrillo e più in là un negozio di abbigliamento con vestiti in pelle di coccodrillo”. 

LA LINGUA INGLESE
Inghilterra, Cina, Australia. ‘Come te la cavi con l’inglese, alla grande?’. Diamanti replica: “E’ una parola grossa! Però parlo con tutti, mi faccio capire e comprendo ogni tipo di discorso. Anche se, come dico sempre, dentro il campo si parla tutti la stessa lingua del calcio. Ovviamente il primo anno in Inghilterra, al West Ham, è stato difficile perché partivo da un livello abbastanza basso. E lì non ti aspettano, o sai o sai. Loro vanno avanti. Qui invece rilascio tranquillamente interviste in inglese e il mio accento… toscano, piace da matti! L’addetto stampa mi dice sempre ‘non imparare mai l’inglese, così sei perfetto e vai benissimo’. A loro piaccio così. Un po’ naïf”. 

L’ORIENTE
“Quest’estate ho girato il Giappone per 40 giorni, insieme alla mia famiglia, e non escludo di tornarci in un futuro. Mi ha lasciato senza parole. L’Oriente in generale ti regala delle emozioni uniche, tante novità, una dietro l’altra”. 

 

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